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Intervista a Simone Giraudi

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Simone Giraudi è giornalista e scrittore, sia in self che con editore. Ci racconta la sua esperienza in questa intervista.

L’intervista

1) Cosa rende un giornalista online uno scrittore?

Penso sia giusto sottolineare come io abbia iniziato prima a scrivere narrativa e poi a lavorare per il più importante giornale online della provincia di Cuneo (come numero di lettori). Avevo appena terminato di collaborare alla scrittura di un libro sulla storia del mio paese natale, Peveragno, un progetto su commissione che è stato di fatto il mio primo “test” con la narrativa, e deciso che avrei effettivamente tentato la strada dei racconti, quando mi sono reso conto che essere disoccupato non è un gran modo per iniziare il cammino della tua vita (o forse lo è, ma in quel momento non me ne sono reso conto). Così ho preso contatto con le redazioni dei giornali locali, tra cui appunto TargatoCn, che fortunatamente si trovava in un periodo di espansione del personale.



In senso più generale, però, credo che le due realtà di “giornalista” e “scrittore” siano molto meno dissimili di quanto appaia a prima vista. Entrambe, in definitiva, hanno l’obiettivo di svelare qualcosa di noi come esseri umani e del mondo che ci circonda attraverso il metodo (in un caso, a volte, indiretto) della narrazione di storie; inoltre mi piace pensare che se quello che le più moderne teorie fisiche dicono fosse vero, cioè, semplificando, che esistono 11 dimensioni differenti e infiniti universi paralleli, allora qualunque storia raccontata sia in un certo qual modo reale quanto quelle che possiamo leggere sui giornali.

2) Nel Suo libro, Lei prende il punto di vista di Francesco. Come mai questa scelta?

Il tema centrale di “Tatuaggi Color Pelle” (almeno nella mia testa) è la difficoltà di comunicazione tra esseri umani, in particolar modo quelli che condividono stretti rapporti d’intimità, e l’assoluta tendenza della nostra società a difendere e salvaguardare questa difficoltà. Una delle mie intenzioni fin dalla stesura iniziale era esagerare questo concetto in modo che il lettore potesse percepirlo davvero, trovarcisi dentro, respirarlo, assaporarlo. Rendersi conto, se possibile, che in effetti è una sensazione che sperimentiamo con grandissima frequenza nella nostra quotidianità.

Ho pensato subito che, visto che a muovere la narrazione è una ricerca, una sorta di indagine, avere un singolo punto di vista (per definizione parziale) potesse aiutarmi a restituire questo concetto: inoltre, non distanziare me stesso in quanto autore dal personaggio principale spero proprio lasci intendere che questo tipo di riflessione riguarda anche me, in prima persona e prima di tutto.

3) Quanto sono difficili i rapporti tra le persone oggi?

simone Giraudi
Simone Giraudi, autore di “Tatuaggi color pelle”

Molto. O almeno, credo sia difficile instaurare rapporti davvero profondi con le altre persone, sinceri, aperti… o trasformare quelli che non lo sono. Penso serva impegno e forza di volontà per farlo, e penso anche che la società che abbiamo costruito e ci condiziona offra ben poche occasioni per esprimere e far fruttare questo tipo di sforzo emotivo. Anzi, siamo circondati da un oceano praticamente infinito di possibilità adatte a dimenticare per un po’ quel che ci turba, ci fa soffrire, ci addolora.

Siamo costantemente spinti ad abbandonare qualunque tipo di confronto con noi stessi e con gli altri. Ci siamo disabituati a questo tipo di attività, tanto che rivelarci all’altro è diventato davvero sintomo di debolezza. E non è che non avremmo le possibilità, gli strumenti, per approfondire la nostra comprensione di noi e degli altri. Il punto è proprio questo: viviamo, come si ripete ormai da un pezzo, in un’epoca in cui siamo costantemente collegati l’uno all’altro ma manchiamo dell’intenzione di “metterci nei panni dell’altro”. Di empatia, se volete.

Ovviamente, però, non è che sia convinto di aver trovato la soluzione a questo problema scrivendo un libro di 100 pagine: solo, avevo bisogno di sottoscrivere ciò che vedo e sento.

4) Quanto i social network hanno influenzato il suo scrivere? Quanto, invece, i social sono uno strumento per Lei per promuoversi?

Le risposte non possono altro che essere, rispettivamente: poco e tanto.

Sono convinto i social network e l’approccio cui obbligano gli utenti relativamente all’esprimersi (in costante allargamento, c’è da dirlo) non abbiano influenzato il mio stile di scrittura per il semplice fatto che non ho mai “lasciato” che lo facessero: il mio scrivere senza troppi fronzoli, trucchetti e decorazioni di sorta, e il mio attuale apprezzamento più per i racconti che per i romanzi derivano, credo, da altro.

Dal punto di vista della promozione, però, non si possono nascondere le gigantesche possibilità dei social network, di qualunque social network. È il discorso sugli “strumenti di apertura all’altro” che facevo prima.

5) Come si trova alla Leucotea Edizioni?

Quella con Leucotea Edizioni è la mia prima esperienza con una casa editrice vera e propria (“Sei Occhi” e “Nulla Si Distrugge”, i miei due lavori precedenti, rientrano nella sfera delle autoproduzioni) e posso solo ritenermi soddisfatto: delle realtà che si sono dimostrate interessate alla pubblicazione di “Tatuaggi Color Pelle” mi è sembrata quella più fermamente intenzionata a pubblicarlo e a collaborare con me offrendomi un contratto più che dignitoso.

Inoltre si sono sempre dimostrati molto disponibili, in particolar modo nelle fasi di produzione del libro (rispondendo con pazienza e attenzione alle mie richieste e dandomi allo stesso tempo la massima libertà consentita) ma anche in quelle di promozione che sto vivendo in questi mesi e settimane. L’esperienza del Salone del Libro 2017, poi, è stata davvero interessante e mi ha permesso di intrecciare legami personali non solo con lo staff ma anche e soprattutto con alcuni altri autori della casa editrice.

Nel caso a qualcuno servisse, consiglio di tenere Leucotea in considerazione.

6) Come dicevamo all’inizio, Lei è anche giornalista in una testata di Cuneo. Può dare qualche consiglio per chi inizia ora questa professione?

Sono pubblicista da poco più di un anno e posso dire con assoluta certezza che il giornalista è il peggior lavoro dei sogni che essere umano possa accidentalmente possedere o subire.

Praticare la professione significa non avere sostanzialmente orari, lavorare molto sia spostandosi in giro come una trottola che al chiuso davanti allo schermo di un computer, spesso a fronte di un compenso (quando esiste, ovviamente) che alcuni potrebbero anche decidere non “valere la candela”. Si dice tanto, e probabilmente vale per tutti i lavori, ma fare il giornalista può non essere affare per chiunque… esattamente come fare lo scrittore.

Sono entrambi ambienti difficili, dove emergere è complesso e spesso serve più forza di volontà di quanta umanamente sarebbe forse giusto impiegare; ecco, se volete provare a fare una delle due cose (o entrambe), è necessario capiate fin da subito quanto, profondamente, siete convinti di voler sacrificare per farle al vostro meglio. Prima è, meglio è: se non ci state, non meritate di essere trattati così dalla vita. Se ci state, allora, benvenuti a bordo.




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