Vincenzo Abate è copywriter e scrittore. Ci racconta la sua esperienza e la sua nuova opera, una raccolta di racconti a tema “Paura”.
L’intervista

1) Come vanno di pari passo la figura del copywriter con quella dello scrittore?
Iniziamo proprio col botto
Battute a parte, posso dire che la figura del copywriter nasce come evoluzione digitale dello scrittore. Se non ami scrivere non puoi fare il copywriter, questo è il punto di partenza. Se poi mi chiedi se io abbia anche una grande passione per l’informatica, beh… su questo mi astengo.
In realtà, posso dire che lavorare come copywriter non è così semplice come possa sembrare dall’esterno, anzi. Si tratta di una professione difficile, durissima, estremamente stressante. Devo ammettere che essere riuscito a trovare il tempo e la “forza mentale” per scrivere i racconti di “Paura” è stata una bella impresa. E non oso immaginare cosa dovrò fare per ritagliarmi i giusti spazi per scrivere i due romanzi che ho in mente.
2) Perché hai scelto il self-publishing?
Ti rispondo con la massima onestà: per una ragione economica. Ormai le case editrici badano soprattutto al business e non se la sentono di dare opportunità a qualche nuovo autore.
Se gli editori continuano a proporre questi costi per la pubblicazione di un’opera sarà sempre più difficile la vita degli autori emergenti. È una triste realtà ma chi ha il desiderio di comunicare la propria interiorità non può stare con le mani in mano, perciò bisogna ingegnarsi e fare di necessitù virtù (o vizio, nel mio caso).
Mi è anche capitato di scambiare quattro chiacchiere con una casa editrice che aveva deciso di pubblicare gratuitamente il mio libro, ma in realtà era un’altra spesa nascosta: la pubblicazione era gratuita, ma prima bisognava per forza passare da un’agenzia di editing (consigliata da loro) che proponeva costi esorbitanti. Quindi mi sono ritrovato punto e accapo, decidendo così per l’autopubblicazione con You Can Print.
Ma non è detto che in un prossimo futuro non possa far pubblicare l’opera con una casa editrice, a patto che ne trovi una disposta a non chiedere la luna come spesa economica.
3) La paura è la protagonista del tuo libro e si manifesta in diversi modi, così come in diversi modi si può raccontare. Tu hai scelto la forma del racconto breve e di fare della paura il fil rouge di diverse vite, di diverse storie,. la paura del diverso e i mille modi per manifestare la paura: puoi lasciarci una riflessione in merito?
Questo è un discorso un po’ complesso che, in un certo senso, racchiude tutta la mia poetica (chiedo scusa per l’utilizzo di questo termine pomposo).

La paura… sì, la paura è la protagonista assoluta delle mie storie. Il perché di questo è molto semplice: io ho paura. Ho diverse fobie e la mia mente è continuamente tartassata da una serie di paure e ossessioni, come credo capiti a tantissime persone in giro per il mondo.
Come suggerito dalla tua domanda, esistono diversi tipi di paure. Nella mia raccolta ho cercato di inserire cosa spaventa me, cosa terrorizza l’opinione pubblica, cosa manda in tilt la nostra società contemporanea ecc ecc.
Il mio tentativo, che potrei anche definire esperimento letterario, è stato quello di mescolare le paure del panorama classico (le classiche figure protagoniste del romanzo gotico) con i temi contemporanei. Oggi non abbiamo più paura del vampiro o del licantropo, quello che ci terrorizza è il vicino di casa che magari dietro l’apparenza di brav’uomo può nascondere l’anima di uno psicopatico omicida.
Ecco, quello che tento di fare con il mio lavoro narrativo è creare un calderone, un vortice, una sorta di Maelstrom di poeiana memoria in cui tutti gli elementi della tradizione e dell’attualità si mescolino. In questo modo, forse, si potrebbe sintetizzare un nuovo tipo e un nuovo concetto di paura: l’unione dei timori del passato con le fobie di oggi.
La scelta della forma del racconto è semplice: adoro i racconti brevi! Sono cresciuto con i racconti di Edgar Allan Poe che resta, per me, il più grande scrittore di terrore che si sia mai letto. Adoro la sua lirica e la sua capacità di incutere paura inscenando le ossessioni dell’animo umano. La mia ispirazione attinge quindi da Poe ma anche da altri giganti di questa forma narrativa come Richard Matheson e Guy de Maupassant.
Adoro la forma del racconto. Con un racconto breve hai la possibilità di afferrare il lettore per la gola e trascinarlo in un incubo in pochi minuti. Un romanzo, invece, è completamente diverso dal punto di vista concettuale. Quando finirò i due che ho citato in precedenza poi vi farò sapere.
4) Viene quasi d’obbligo chiederti perché hai scelto di scrivere racconti e non un testo formativo relativo alla tua professione.
Semplicemente perché raccontare storie è la passione della mia vita, in particolar modo se queste vicende rispecchiano il lato marcio e terrificante della realtà. Sono sempre stato attratto dall’arte in ogni sua forma, ma in particolar modo dall’arte nera, cupa. Amo l’arte che inquieta.
5) Come sei approdato a questo testo? Raccontaci le tue avventure precedenti!
“Paura” non è la mia prima pubblicazione, anche se debbo ammettere che è quella che sento più mia. In questi racconti c’è tutto il mio amore verso un genere, l’orrore, che mi ha sempre accompagnato da quando ne ho memoria.
Non so il perché sinceramente, magari poi ne parlo con lo psichiatra e vi aggiorno
Ho iniziato diversi anni pubblicando un mio vecchio racconto in una antologia chiamata “Orrori sepolti” che raggruppava tante storie scritte da autori semi-sconosciuti.
Il primo lavoro vero, però, è stato il romanzo breve “Il faro della coscienza” scritto a quattro mani insieme al mio amico Giuseppe Oliva. Un’esperienza difficile ma straordinaria dal punto di vista creativo, vi assicuro che non è per nulla semplice legare due stili di scritture totalmente differenti. Era una gran bella storia che prendeva spunto da vari personaggi (su tutti Dylan Dog e Fox Mulder di X-Files) e che aveva un finale a mio parere eccezionale.
Poi ho pubblicato una raccolta di racconti chiamata “L’Estraneo nello specchio” in cui ho tentato di fondere le mie passioni per l’orrore con atmosfere più drammatiche e noir. Credo sia venuto fuori un ottimo lavoro che infatti ha ricevuto anche delle buone recensioni, ma essendo stato pubblicato solo in ebook in forma gratuita (con Teomedia) non ha raggiunto una grande visibilità.
Con Teomedia poi ho pubblicato anche un piccolo ebook chiamato “Due notti di Halloween” con due miei racconti ambientati durante la notte delle streghe. Vuoi sapere una cosa? Adoro quei due racconti.
Arriviamo così alla pubblicazione con You Can Print di “Paura” che racchiude i racconti più cattivi e sanguinari che io abbia mai scritto, su questo non c’è dubbio. Sono quasi totalmente assenti le contaminazioni con altri generi come successo ne “L’Estraneo nello specchio”. “Paura” è horror puro.
6) Come copywriter e da autore, cosa ti senti di consigliare agli altri autori nella promozione e nel giocare con le parole?
Promuovere è una gran brutta parola ma purtroppo oggigiorno senza pubblicità non si vende nulla.
Come copywriter posso dire che bisogna utilizzare le parole chiave principali per un determinato progetto, per andare così a individuare il target adatto a cui mostrare i miei contenuti. Se mostro il mio libro a persone che non hanno determinati interessi, le possibilità che essi lo acquistino sono pari a zero.
Con strumenti come AdWords e Facebook è possibile invece creare delle inserzioni pubblicitarie su cui investire un budget, in modo da mostrare il contenuto esclusivamente a un target che noi stessi definiamo attraverso vari parametri come l’età, gli interessi, il comportamento sul web ecc.
Perciò il mio consiglio è questo: investite qualcosina per far arrivare il vostro lavoro a chi può essere realmente interessato.
7) Ti sei mai spaventato a leggere un tuo racconto? Sì/No e perché?
Devo dirti la verità, no. Non mi è ancora capitato di provare brividi su una cosa scritta da me.
Ho provato tristezza e malinconia, questo si. È successo con il racconto “Nascondino” incluso nella raccolta “L’Estraneo nello specchio”. Una breve storia molto tenera e dolorosa. Devo dire che in quel caso mi sono auto-commosso.
In realtà sono molto critico nei confronti di quello che scrivo, ogni volta che rileggo qualcosa di mio vorrei cancellare tutto.
In realtà, l’unico che sia stato in grado di mettermi paura dalle pagine di un libro è stato Poe. Quando lessi “La caduta della casa degli Usher” provai una sensazione di vero terrore.