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Poesia social: intervista a Francesco Carrubba

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Francesco Carrubba è scrittore di canzoni, poesie, racconti ed emozioni. Oggi ci racconta come vive quest’arte tra social e vita reale.

L’intervista

1) Poesia e musica: com’è il rapporto oggi?



Me lo chiedi perché chiamo le mie poesie “canzoni”? Beh, il legame è strettissimo dalla notte dei tempi. Le parole cantano e suonano, la musica parla. Mi vengono subito in mente i grandi cantautori: Fabrizio De André, Francesco De Gregori, Lucio Battisti, Ivano Fossati…

Oggi le canzoni mainstream hanno parole spesso semplici e dirette, mentre il mondo Indie si può permettere qualche originalità nei testi: penso a Brunori Sas, Le Luci della Centrale Elettrica, Tre Allegri Ragazzi Morti, Dente.

Poi ci sono le occasioni in cui gli strumenti contribuiscono ad accompagnare ed esaltare i versi: mi piace tantissimo tenere reading musicali e scrivere testi di canzoni.

2) La poesia è ancora viva all’epoca di Twitter e di Instagram?

La poesia è viva ed è in buona salute, anche grazie a nuovi canali di diffusione come i social network: certo, non tutti i versi che si leggono sono favolosi, ma portali come Facebook rappresentano una possibilità d’espressione in più e talvolta ospitano concorsi letterari online.

Su Twitter, utile ovviamente per composizioni brevi, le poesie possono avere visibilità grazie agli hashtag e all’attualità: un mio haiku sull’attentato a Manchester ha avuto una grande cassa di risonanza, con decine di retweet e like.

Anche su Instagram c’è spazio per post dedicati ai libri e alla scrittura ma, per sfruttarlo, bisogna essere un po’ fotografi e grafici.

francesco carrubba3) Spesso, partecipi a Festival e reading di lettura: hai qualche consiglio per scovare e per “raccontare la poesia” sul palco?

Dipende dallo stile personale. Ad esempio, si può puntare sullo storytelling: creare una trama per costruire un contesto e interpretare una poesia aiuta a coinvolgere il pubblico. Poi c’è chi punta sul “cabaret”, dato che il confine tra poesia contemporanea e comicità – magari in occasioni come i Poetry Slam – a volte è labile: utilizzare simpatia e battute per introdurre i versi ne può facilitare “la digestione” da parte dell’uditorio.

Inoltre, come dicevamo, c’è la musica: basta l’accompagnamento di una chitarra o di un pianoforte per tenere alta l’attenzione degli spettatori e rendere le poesie “orecchiabili”, come ho cercato di fare al Festival del Teatro Indipendente alla Fabbrica del Vapore di Milano insieme al cantautore Stefano Floreani.

4) La tua raccolta di poesia si chiama “Canzoni quasi d’amore”. Perché quasi?

Il “quasi” spezza la retorica classica dei brani sentimentali. Indica che si può parlare di società, lavoro e amore senza che un tema escluda l’altro: io scrivo di questi argomenti, di metropoli, province e molto altro.

Abbiamo parlato di cantautori: Rino Gaetano cantava le contraddizioni e i problemi del nostro mondo e nel ritornello ci metteva l’amore, che rappresenta la salvezza. Inoltre “Canzone quasi d’amore” è una bella poesia in musica di Francesco Guccini, contenuta nell’album “Via Paolo Fabbri 43” che nel 2016 ha compiuto 40 anni.

5) Promuovi la tua attività in tantissimi modi. Social, newsletter, blog, ecc. Come sei diventato un esperto?

Non mi considero un esperto. Credo che essere “multi-piattaforma” permetta di intercettare più persone possibili. Ci vogliono costanza e buona volontà, ma poi qualche risultato arriva.
Occorre anche tenersi aggiornati sul funzionamento e sui logaritmi dei social. E poi bisogna proporre contenuti originali e di qualità: distinguersi nell’oceano di Internet è un’impresa disperata.




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