Come sempre, anche questo editoriale doveva avere un secondo titolo, ovvero “Come promuoversi dove non c’è spazio”. Ecco perché.
Taranto com’è
Da un po’ che non scrivo un editoriale, ma la possibilità di “giocare in casa” stavolta mi ha dato la spinta giusta. Taranto nasconde cultura un po’ da ogni parte. Come si scava un minimo, si trova qualcosa di periodo greco, romano, alto medioevale.
Ma Taranto ha rinunciato a Beni Culturali, ovvero a quelle persone che, se ben formate, sono in grado di riconoscere il valore storico di un oggetto. A raccogliere i resti trovati al Castello Aragonese, c’è la Marina Militare, che a titolo gratuito consente anche di visitarlo (e meno male).
Ma Taranto aveva rinunciato prima a Lettere e a Scienze del Mare (noi che siamo la Città dei Due Mari). In più, abbiamo un posticino unico che ha visto passare dai Greci ai Borboni, che è passato dalla porpora alla seconda città più importante dopo Napoli.
Noi la chiamiamo la “Città Vecchia”, quando si dovrebbe chiamare “Borgo Antico”. Poi abbiamo un signore dell’Arcadia al quale gli abbiamo dedicato la via principale, ma non sappiamo chi sia (Tommaso Niccolò D’Aquino) e un musicista che ha fatto fortuna alla corte della zarina di Russia (Paisiello).
Come promuoversi dove non c’è spazio
Questo doveva essere il vero titolo di questo editoriale. Come si fa? In realtà, Taranto è piena di associazioni e di autori esordienti, che portano avanti la promozione delle loro opere grazie anche alle librerie locali, o attraverso sedi proprie a fatica.
Il metodo più semplice potrebbe essere semplicemente prenotarsi e dire la propria, ascoltando cosa dicono gli altri, così, in un circolo che è sia virtuoso che vizioso. Nella divisione totale, l’università è sparita e la compagnia è davvero poca.
A Taranto ci vorrebbe una scossa in più. D’altra parte, una struttura come l’università significa avere non solo uno spazio per la presentazione di libri fuori dal mondo delle associazioni varie. Avere degli studenti significa ripopolare la città di piccole attività.
La ricerca stimola le imprese e così via. Niente di più prezioso: trasformare la cultura in un riscatto sociale e la penna in un impegno serio. Alcuni docenti universitari ci stanno provando: si tratta di professori tarantini, che però sono costretti a lavorare fuori Taranto, perché qui “sembra” che non ci siano le condizioni.
Nel passato le penne impegnate sono state tante e c’è anche chi ha un passato politico. No, non mi sto candidando, qui di gente in gara ce n’è già troppa. Sono contenta, però, che ci sia un Movimento per la Cultura e l’Università anche da noi, almeno per sperare di avere, un giorno, un’Università che sia davvero nostro e un luogo dove far crescere la penna oltre la singola promozione artigianale.